mercoledì 08 maggio 2024
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Acconto "cedolare secca" tassa alternativa sulle locazioni

Acconto “cedolare secca” tassa alternativa sulle locazioni

Sostituisce Irpef, addizionali comunali, regionali e imposta di registro e di bollo 


Quando si parla di acconto delle imposte sulla dichiarazione dei redditi, un posto particolare merita l’acconto sulla “cedolare secca”, strumento alternativo per la tassazione delle locazioni, che sta acquistando sempre più spazio nel cuore dei contribuenti.


Perché la Cedolare secca
La cedolare secca è un regime di tassazione delle locazioni di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, locati per finalità abitative, che sostituisce l’Irpef, le relative addizionali comunali e regionali e l’imposta di registro e di bollo dovute sul contratto di locazione. In altri termini, sul canone di locazione annuo si può pagare un’imposta sostitutiva del 21% per i contratti a canone libero e del 15% per i contratti concordati (10% dal 2014 al 2017), anziché tassare il reddito del fabbricato stesso con le modalità ordinarie. Per chi ad esempio possiede diversi immobili affittati oppure ha altri redditi oltre quello della locazione e comunque raggiungerebbe in ogni caso un’aliquota Irpef elevata, il passaggio alla cedolare secca con un’aliquota del 21% potrebbe costituire decisamente un bel risparmio. Al contrario per i redditi bassi la convenienza va valutata con attenzione, tant’è che abbiamo assistito inizialmente ad un vero e proprio flop dello strumento, dal quale l’amministrazione finanziaria invece si aspettava l’emersione di molti affitti in nero. 


Prospettive per i canoni concordati
La svolta della cedolare si è avuta con la diminuzione dell’aliquota per i contratti a canone concordato al 15% e ora al 10% (inizialmente era pari al 19%). La mini aliquota del 10% non durerà per sempre perché dal 2018 dovrebbe tornare al 15%, sempre e solo per i contratti a canone concordato, tuttavia molti contribuenti hanno fiutato l’affare. Ribadiamo però che sarebbe auspicabile estendere la riduzione all’aliquota anche ai contratti “liberi”, per combattere veramente il flagello degli affitti in nero e far respirare il settore immobiliare. 


Trattamento ordinario in salita
A rendere ancora più appetibile la cedolare secca è stata la recente contrazione della deduzione forfettaria Irpef sul canone. In parole semplici, il proprietario che affitta un immobile col regime ordinario (quello Irpef) storicamente pagava le tasse sull’importo annuale del canone di locazione diminuito di una deduzione a forfait del 15%, per compensare le spese sostenute. Tale deduzione invece non è presente nella cedolare secca, che invece prevede la tassazione integrale del canone sia pure con aliquota fissa indubbiamente conveniente per chi abbia redditi medi o elevati. Con l’approvazione della discussa legge Fornero, la cui copertura è stata trovata anche “pescando” in ambiti insospettabili come quello della tassazione sugli immobili, la deduzione forfettaria viene ridotta al solo 5% con grande disagio del popolo dei tartassati.. Tuttavia, mutando la convenienza relativa dei due regimi di tassazione, ciò sta favorendo il transito di diversi proprietari a basso reddito proprio nel campo della cedolare secca.


Acconto del 1° dicembre
Il fisco com’è noto bussa alla porta dei contribuenti per l’acconto. Anche chi ha optato per la cedolare secca potrebbe essere interessato al tributo: occorre infatti pagare un acconto del 95% dell’importo indicato nel RB11 colonna 3. Per quanto riguarda invece il versamento, valgono in linea di massima le stesse modalità e scadenze dell’Irpef: l’acconto non è dovuto se l’importo del rigo RB11 colonna 3 non supera 52 euro; se invece è pari o superiore a 52 euro si applica la percentuale del 95% e si versa tutto a novembre se l’importo dovuto è inferiore a 257,52 euro; se invece l’importo è pari o superiore a 257,52 euro la prima rata, pari al 40% del totale, si sarebbe dovuta versare tra giugno e agosto (eventualmente con la maggiorazione dello 0,40%), mentre la seconda rata pari al 60% va corrisposta all’Erario entro il prossimo 1° dicembre, utilizzando il modello di pagamento F24 e il codice tributo “1841". 


Esempio 
Il Signor Verdi è proprietario di un appartamento dato in affitto con contratto a canone libero dal 1° giugno 2012 al 31 maggio 2016. Il canone annuo è pari a 10.000 euro. Il Signor Verdi ha optato per la cedolare secca. Imposta sostitutiva dovuta per il 2013. Rigo RB11 colonna 3 (€ 10.000,00 x 21%) € 2.100,00. Acconto dovuto per il 2014 (€ 2.100,00 x 95%) € 1.995,00, 1° acconto (40% di € 1.995,00) € 798,00, 2° acconto del 1° dicembre (60% di € 1.995,00) € 1.197,00.


Pagare di meno
Innanzitutto nel ricontrollare se avete versato quanto dovuto come prima rata, tenete anche presente che la prima rata poteva essere rateizzata. Un po’ di pazienza perciò per cercare tutte le diverse rate e per verificare che siano state tutte effettivamente versate al fisco. E’ inoltre possibile versare meno di quanto risulterebbe in base alle indicazioni precedenti, a condizione che il proprietario preveda una minore imposta da dichiarare nella prossima dichiarazione: in questo caso infatti è possibile rideterminare gli acconti da versare proprio sulla base della minore imposta. Ciò potrebbe accadere, ad esempio, se nel 2014 la locazione è cessata, oppure se l’appartamento è stato riaffittato, in tempi di crisi, con uno sconto sul canone.


Ricalcolo per i canoni concordati
Ma l’ipotesi più attuale di riduzione dell’acconto è data proprio dalla riduzione dell’aliquota della cedolare da 15% a 10% per i canoni concordati. In questo caso, col beneplacito delle Entrate, i proprietari potranno rifare i conteggi portando a casa un bel risparmio. Occorre ricalcolare l’imposta dovuta per il 2013 applicando la minore aliquota del 10%, sottrarre quanto versato come primo acconto e versare la differenza come “acconto di novembre”.



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